viaggi e avventure in Patagonia
viaggi e avventure in Patagonia
Come fosse capitato quel Guzzi Falcone ai piedi delle Ande patagoniche non saprei dire. Alejandro, il mio amico di Esquel, sosteneva che suo padre l’avesse comprato da un altro italiano che dopo tanti anni di lavoro passati a tagliar boschi, si era trasferito nella Capitale. Restai affascinato dal perfetto stato di conservazione, vernici e cromature lucenti e quel pulsare ritmico del motore, con tanto di regolamentare “affettatrice” laterale che da sempre caratterizza il modello. Ancor più entusiastica risultò la mia accettazione a “fare un giro”.
Allora, amico, mio, stasera ti porto a cena al Consolato Italiano. E’ qui, a Trevelin, in mezz’ora ci siamo. Parlando in termini patagonici praticamente all’angolo della via di casa. Anch’io, come voi, avevo pensato ad un ristorante gestito da italiani, che avessero scelto un nome evocativo per rifuggire dallo scontato Bella Napoli. Mai e poi mai avrei immaginato di trovare sul portone dell’elegante villino la regolamentare targa ufficiale della Repubblica Italiana.
Il Console (onorario)
Il console (onorario), un veneto ex ufficiale degli alpini e la sua arzilla consorte ricevono nel loro “salotto buono”, con arredi anni ‘30 che non stonano con i soprammobili liberty su buffet e controbuffet. Lo sguardo vaga su tante curiosità. Si sofferma su un “capoccione” neronero che riproduce l’inconfondibile sembianza del Duce, completo di elmetto e sguardo truce. Sulla parete tra due tricolori con stemma sabaudo, le immagini incorniciate del Re Vittorio Emanuele e della Regina Elena. Come se fosse la cosa più naturale del mondo il console fa partire un mangianastri a cassette. Si diffondono le note della Marcia Reale e altri inni, da “Giovinezza” a “Faccetta Nera”, poi mi parla della sua attività che consiste soprattutto nel curare le procedure per far ottenere pensioni sociali per alcuni italiani residenti in zona e per far ottenere la cittadinanza italiana ad argentini che improvvisamente “scoprono” di avere antenati italiani.
Nel suo parlare c’è tanta Italia, molta Patria. Mai la parola Repubblica. La consorte porta in tavola il frutto di un giorno di lavoro: pasta fatta in casa, trote al cartoccio e “abbacchio a scottadito”. Ma soprattutto il contorno di “radicetta”, una sorta di insalata amara di cui i due amabili vecchietti sostengono di aver importato i semi dal natio Veneto e averne introdotto la coltivazione nel giardino del Consolato Italiano di Trevelin. Senza dubbio uno dei consolati più lontani, sia da Roma che dalla realtà, che si possano immaginare. Viaggi e Avventure in Patagonia…
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